Si tratta di uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, nel quale il ruolo fondamentale è affidato al professionista tecnico, nel tentativo di mediare fra l’interesse del cittadino all’ottenimento tempestivo della sanatoria e la necessità che vi sia un primo livello di controllo
L’utilizzo del silenzio-assenso in edilizia si consolida sempre più: l’ennesima conferma si è avuta nel c.d. decreto Salva-Casa (decreto legge n. 69 del 29 maggio 2024, pubblicato sulla G.U. n. 129 in pari data), il quale prevede l’introduzione del nuovo art. 36-bis al Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001) in materia di accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità.
Il meccanismo del silenzio-assenso sembra ormai assumere un ruolo di ordinario strumento di semplificazione, già ampiamente noto in edilizia, visto che, a certe condizioni, anche il rilascio del permesso di costruire può avvenire tramite tale modalità (art. 20, comma 8, del Testo Unico Edilizia), così come l’autorizzazione per l’inizio lavori in zone di non bassa sismicità (art. 94, comma 2-bis).
Si tratta di uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, nel quale il ruolo fondamentale è affidato al professionista tecnico, nel tentativo di mediare fra l’interesse del cittadino all’ottenimento tempestivo della sanatoria (ricorrendone, ovviamente, le condizioni) e la necessità che vi sia un primo livello di controllo (a cui seguirà quello dell’ufficio tecnico comunale).
Il ruolo del professionista nelle diversi fasi del procedimento
Analizzando il procedimento del nuovo accertamento di conformità dell’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia, risulta evidente il ruolo del professionista tecnico.In primo luogo, per quanto concerne le condizioni per l’avvio del procedimento, è lui che, in primo luogo, deve individuare l’abuso in termini di parziale difformità, che si configura quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera. Ad esempio, la giurisprudenza ha individuato una difformità parziale nel caso di utilizzo di materiali diversi da quelli previsti. In secondo luogo, è sempre lui che deve verificare che l’intervento:
Sia conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda
Fosse conforme ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione
Su quest’ultimo aspetto, è evidente che il professionista tecnico è chiamato ad individuare la data di realizzazione dell’intervento; tal fine, vengono richiamati i criteri fissati dall’articolo 9-bis del Dpr 380/2001 per l’accertamento dello stato legittimo dell’immobile: il tecnico può provare l’anno di realizzazione dell’immobile utilizzando dati catastali, foto, estratti cartografici e altri atti pubblici o privati.Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento, è chiamato lui stesso ad attestare la data di realizzazione con propria dichiarazione, sotto la propria responsabilità: qui il tecnico deve sfoggiare la propria esperienza e del proprio bagaglio di conoscenze, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede e delle norme deontologiche. La sua asseverazione è elemento, quindi, indispensabile, con le note conseguenze in termini di responsabilità, anche penali. L’istanza può essere presentata entro il termine fissato nell’ordinanza di demolizione ex art. 34 del Testo Unico Edilizia e, comunque, entro l’irrogazione delle sanzioni amministrative; l’ufficio ha 45 giorni di tempo per esprimersi per il caso del permesso di costruire e 30 per la SCIA, trascorsi i quali si forma il silenzio-assenso. Nel suddetto termine l’ufficio può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate. Per la SCIA, l’ufficio individua le misure da prescrivere, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.Anche in questo caso, il professionista può fungere da anello di collegamento con l’ufficio prima della decisione circa gli eventuali interventi conformativi e di rimozione e nell’esecuzione di eventuali adempimenti (produzione documentali, presentazione di istanze, ecc.). Parimenti, sebbene la norma sembra individuare nell’ufficio tecnico comunale la competenza alla gestione della pratica, non può escludersi un ruolo del professionista tecnico nel caso in cui ci sia necessità di verificare la compatibilità paesaggistica dell’opera e di procedere al calcolo della relativa sanzione: ed infatti, la norma prevede che l’accertamento della compatibilità paesaggistica comporta una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; l’importo di tale sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. La disposizione non indica il soggetto/l’ufficio chiamato alla stima (l’ufficio tecnico comunale? L’Amministrazione che tutela il vincolo? Un terzo a seguito di incarico?); tuttavia, il professionista sicuramente potrà essere coinvolto per la valutazione sulla correttezza delle operazioni condotte. La medesima attenzione dovrà essere posta per valutare la correttezza dell’oblazione, prevista in una somma pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro.
Fonte: Ediltecnico
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