L’intervento di spostamento dei tramezzi in appartamento potrebbe essere impedita da una norma del regolamento di condominio. Quali sono gli aspetti da considerare?
In generale, ogni condomino può di modificare la propria porzione esclusiva, a condizione di non arrecare ingiusto pregiudizio agli altri condomini e di considerare di tutti i diversi aspetti dell’operazione. È vero infatti che questa operazione potrebbe essere impedita da una norma del regolamento di condominio.
Regolamento e spostamento tramezzi nell’appartamento
Lo spostamento di tramezzi non è realizzabile se una clausola di natura contrattuale del regolamento vieta espressamente ogni modifica interna dell’appartamento: in tal caso lo spostamento di tramezzi sarebbe sempre illegittimo.
Allo stesso modo non è possibile procedere alle modifiche in questione se una clausola del regolamento condominiale condiziona le modifiche esterne ed interne delle proprietà individuali, al benestare scritto, rispettivamente, di un tecnico incaricato dall’assemblea condominiale o dell’amministratore di condominio. Si ricorda però che i divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze (Cass. civ., sez. II, 20/10/2016, n. 21307).
Spostamento tramezzi: il rispetto dell'articolo 1122 c. c.
L'articolo 1122 c.c., stabilisce che nell’unità immobiliare di sua proprietà il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni, ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro dell’edificio. In ogni caso, è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea.
Il condomino può, quindi, realizzare le modifiche in questione ove da ciò non derivi concreto pregiudizio agli altri condomini. Non si può escludere infatti che, demolendo uno o più tramezzi per ricollocarli in altra posizione, si verifichino danni alle strutture comuni o il crollo del solaio dell’appartamento soprastante.
In tale ultimo caso però è possibile che il crollo sia imputabile al condomino titolare dell’appartamento soprastante. La questione è stata trattata nella sentenza della Cassazione n. 32344 del 13 dicembre 2018. Nel caso in questione, riformando totalmente la decisione di primo grado, la Corte di appello ha ritenuto che le opere di ristrutturazione effettuate dalla convenuta non avessero interessato parti comuni dell’edificio aventi funzione portante, ma unicamente pareti divisorie e che il cedimento fosse imputabile allo stato di avanzato degrado del solaio, già vetusto, il quale poteva certo aver tratto precario sostegno dalle tramezze dell’appartamento sottostante, senza che tuttavia questi avessero assunto la natura di strutture portanti di proprietà comune. La Cassazione ha ritenuto condivisibile l’iter logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale: in tal caso l’apprezzamento dei Giudici d’appello, non è sindacabile in sede di legittimità.
Ripartizione mediante tramezzi di un vano con modifiche degli impianti: quando la modifica è lecita
Recentemente la Cassazione penale si è occupata di una vicenda che prendeva l’avvio quando il proprietario di un’abitazione realizzava tramezzature non autorizzate nell’immobile di sua proprietà con l’obiettivo di ricavarne più stanze. In particolare era riuscito a creare un’altra camera, attraverso la ripartizione mediante tramezzi di un vano, con modifiche apportate anche all’impianto elettrico e alla pavimentazione. Il Tribunale condannava il proprietario dell’abitazione per il reato dell’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia).
Successivamente l’imputato ricorreva in cassazione, sostenendo, tra l’altro, l’errata qualificazione del capo d’imputazione, l’applicazione di una pena ben al di sopra del minimo edittale senza esaustiva motivazione e la mancata adeguata considerazione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dato ragione al ricorrente. Come hanno ricordato i giudici supremi tale tipologia di lavori non è assoggettata al permesso di costruire se non vi sia un mutamento della volumetria complessiva né dell’originaria destinazione d’uso dell’immobile.
A tale ultimo proposito la Cassazione ha notato come nella motivazione della sentenza del Tribunale non si faccia cenno di un mutamento della volumetria complessiva o dell’originaria destinazione d’uso, elementi imprescindibili ai fini della configurazione del reato Imputato al ricorrente. Inevitabile, quindi, l’annullamento della sentenza impugnata (senza rinvio), perché il fatto non sussiste (Cass. pen., sez. III, 11/04/2023, n. 14964).
La decisione della Suprema Corte tiene conto che, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 17 comma primo lett. b), n.1 e 2 del D.L. n. 133 del 2014 (conv. in legge n. 164 del 2014), è stata ampliata la categoria degli interventi di manutenzione straordinaria, comprensiva anche del frazionamento o accorpamento di unità immobiliari con esecuzione di opere, anche se comportanti una variazione di superficie o del carico urbanistico, per i quali pertanto, ove rimangano immutate la volumetria complessiva e la originaria destinazione d’uso, non è più necessario il permesso di costruire (Cass. pen., sez. III, 14/01/2015, n. 31618).
Fonte: Ediltecnico