Unico punto in comune: il patrimonio non viene frazionato tra gli eredi. Per il resto grandi differenze dall’amministrazione all’imposizione fiscale
Vi è una crescente attenzione verso le problematiche della pianificazione patrimoniale e del passaggio generazionale, nonché degli strumenti giuridici maggiormente utilizzati in tale ambito. Tra questi ultimi certamente rientrano i trust e le società con funzioni di holding o di “cassaforte” di famiglia, le quali possono essere sia società di capitali sia di persone e, in particolare, società semplici. L’abbondante letteratura divulgativa in merito, tuttavia, non coglie le profonde differenze che vi sono tra tali istituti, in particolare tra il trust e le forme societarie, e tende a presentare gli uni e gli altri come se si possa indifferentemente scegliere tra loro. È quindi opportuno provare a fare un po’ di chiarezza, focalizzando l’attenzione sui trust e le società semplici.
L’unico punto in comune tra i due strumenti è che consentono entrambi di mantenere unitario il patrimonio in sede successoria, il quale non viene frazionato tra gli eredi bensì resta nel suo insieme nella titolarità del trust o della società semplice.
L’amministrazione
Per quanto riguarda il potere di amministrare il patrimonio, nel trust esso è affidato al trustee con poteri solitamente fiduciari; i beneficiari non hanno potere di ingerenza nella gestione. Nella società semplice di solito sono gli stessi soci, tutti o taluni di essi, che svolgono la funzione di amministratore. Quindi nel trust vi è una netta separazione tra potere di amministrare il patrimonio e diritto di beneficiarne; con una società, invece, è possibile definire regole di governance, ma in linea di massima sono gli stessi beneficiari del patrimonio (i soci della società) ad avere il potere di amministrarlo.
Nel definire le regole di governance della società si deve tenere conto di come le quote sociali si frazioneranno tra gli eredi nei vari passaggi generazionali, mentre nel trust il potere gestorio e decisionale resta stabilmente accentrato in capo al trustee.
La titolarità degli eredi
Sono molto rilevanti le differenze, in sede di passaggio generazionale, per quel che riguarda la titolarità del patrimonio veicolato tramite tali strumenti. Con il trust gli eredi assumono il ruolo di beneficiari, non ricevono il patrimonio del dante causa secondo le regole della successione bensì, se ancora non lo erano, alla morte del disponente diventano beneficiari del trust per effetto delle disposizioni dell’atto istitutivo.
In caso di trust con durata plurigenerazionale, inoltre, a partire dal secondo passaggio generazionale (dai primi discendenti/beneficiari ai loro successori), il trust consente di far sì che il diritto di beneficiare del patrimonio si trasmetta secondo le regole volute dal disponente con l’atto istitutivo del trust e non secondo le regole codicistiche che disciplinano la successione; ne consegue, ad esempio, che non trovano applicazione le regole sulla successione necessaria. Al contrario, le quote che rappresentano il capitale sociale della società semplice diventano di titolarità degli eredi e, entrando a far parte del loro patrimonio, si trasmettono successivamente ai loro ulteriori eredi secondo le regole codicistiche della successione.
La protezione
Il patrimonio istituito in trust, inoltre, è un patrimonio segregato che non può essere aggredito né dai creditori del disponente, né dai creditori del trustee, né dai creditori dei beneficiari. È quindi un patrimonio che viene perfettamente messo al riparo dai “rischi della vita”. Invece, il patrimonio che viene trasferito a una società semplice non beneficia di una protezione particolare. In base all’articolo 2270 del Codice civile, il creditore particolare del socio, finché dura la società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione; e se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti può inoltre chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del socio suo debitore. In tal caso la quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
Le imposte
Anche dal punto di vista fiscale le differenze sono enormi. Le quote della società cadono in successione e scontano la relativa imposta sul loro valore e ciò ad ogni passaggio generazionale, mentre il patrimonio istituito in trust non sconta alcuna imposizione fino al momento in cui lo stesso non viene definitivamente attribuito ai beneficiari, il che può avvenire anche a grande distanza di tempo dalla morte del disponente, oppure anche dopo diverse generazioni. Trust e società, quindi, sono strumenti diversissimi, che non possono essere usati indifferentemente.
Fonte: IlSole24Ore
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