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Cortile condominiale: è sempre bene comune? Alcuni casi particolari


Condominio bianco con prato verde ed alberi

Il cortile condominiale si definisce come lo spazio scoperto con la funzione primaria di assicurare aria e luce alle unità immobiliari che su di esso si affacciano. Normalmente è bene comune, ma è sempre così?



Il cortile è quello spazio scoperto esistente all’interno di un condominio, e quindi la superficie calpestabile, con la sovrastante colonna d’aria, la cui funzione primaria è quella di assicurare aria e luce alle unità immobiliari che su di esso si affacciano (Cass., sez. II, 15/06/2012, n. 9875). Normalmente il cortile è un bene comune. A tale proposito si ricorda che secondo l’articolo 1117 c.c. sono oggetto di proprietà comune tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili.

Al medesimo regime del cortile, espressamente contemplato dall’art. 1117 c.c., n.1, tra i beni comuni, salvo specifico titolo contrario, rimane sottoposto altresì il cavedio – altrimenti denominato chiostrina, vanella o pozzo luce – e cioè il cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell’edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari, quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi (Cass. civ., sez. II, 07/04/2000, n. 4350).


Esclusione di unità immobiliari dalla comproprietà di beni

Non si può escludere però l’esclusione di alcune unità immobiliari dalla comproprietà di beni presuntivamente comuni; ciò può evincersi dal titolo costitutivo del condominio o deve essere prevista nel regolamento di condominio che, tuttavia, può produrre l’effetto di modificare il contenuto del diritto dominicale dei proprietari delle singole unità immobiliari – altrimenti esteso a tutti i beni che, per espressa previsione normativa come il cortile o per la loro strutturale destinazione, sono qualificabili come comuni – solo quando sia allegato all’atto costitutivo e in esso richiamato in modo da esserne parte integrante o, ancora, quando, ancorché atto autonomo, sia qualificabile come “espressione di autonomia negoziale” e cioè sia “approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni” (Cass. civ., sez. II, 06/07/2022, n. 21440).


Il cortile tra più edifici

La presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall’art. 1117 c.c., senz’altro applicabile quando si tratti di parti dello stesso edificio, può ritenersi applicabile in via analogica anche quando si tratti non di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, purché si tratti di beni oggettivamente e stabilmente destinati all’uso od al godimento degli stessi, come nel caso di cortile esistente tra più edifici appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso sia strutturalmente destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano. La Cassazione ha notato che la concreta ed oggettiva destinazione del cortile al servizio di una unico originario complesso immobiliare, poi, confluito in distinti caseggiati, ne determina funzionalmente la natura comune a tutti gli edifici serviti, senza necessità di ulteriore specificazione nei singoli atti di acquisto; infatti per effetto della “presunzione” di cui all’art. 1117 c.c., comma 1, e della la trascrizione di detti atti di acquisto di proprietà esclusiva – comprensiva pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, anche delle parti comuni – la situazione condominiale che ne risulta è opponibile ai terzi (Cass., Sez. II, 17 febbraio 2020, n. 3852).


Area esterna e mancanza di espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio

L’area esterna di un edificio condominiale, della quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio e sia stato omesso qualsiasi riferimento nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari, può essere ritenuta di natura condominiale, ai sensi dell’art. 1117 c.c., in quanto soggetta alla speciale normativa urbanistica dettata dall’art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942, introdotto dall’art. 18 della l. n. 765 del 1967, ove venga accertato che la stessa sia destinata a parcheggio secondo la prescrizione della concessione edilizia, originaria o in variante, e che poi, in corso di costruzione, sia stata riservata a tale fine e non impiegata, invece, per realizzarvi opere di altra natura (Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2017, n. 5831).


Diritto di condominio sul cortile a seguito di frazionamento dell’edificio

Si osserva che il condominio, generalmente, sorge con il primo atto di frazionamento dell’edificio, in precedenza appartenente ad un solo proprietario, e dunque con il primo atto traslativo della proprietà dal quale emerga che le singole unità immobiliari appartengono a più soggetti e vi siano beni comuni. Anche per effetto di una divisione (giudiziale o amichevole) l’acquisto della proprietà esclusiva delle singole unità abitative di un edificio in capo alle parti (già comproprietarie di porzione delle stesse in forza di comunione ereditaria) e la presenza di parti comuni, può determinare la nascita di un condominio, al quale applicare la relativa disciplina.Allo stesso modo, in caso di frazionamento della proprietà di un edificio comune in distinte unità immobiliari, a seguito dell’attribuzione in sede di esecuzione forzata, si determina una situazione di condominio per la quale vige la presunzione legale “pro indiviso” di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano – in tale momento costitutivo del condominio – funzionali all’uso comune, come il cortile strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di più edifici limitrofi. Tale presunzione può essere superata soltanto ove risulti nel primo decreto con il quale il giudice trasferisce all’aggiudicatario un lotto del bene espropriato, ripetendo la descrizione dell’immobile contenuta nell’ordinanza che dispone la vendita, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno degli aggiudicatari dei distinti lotti la proprietà del cortile (Cass. civ., sez. II, 16/01/2024, n. 1615). In altre parole l’art. 1117 c.c., come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, trova piena applicazione anche nel caso di condominio “creato in sede giudiziale”.


Fonte: Ediltecnico

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