Forfettari obbligati alla fatturazione elettronica dal 2024 alle prese con la gestione del bollo da tassare
Allineandosi all'interpretazione fornita con l'interpello dell'Agenzia delle entrate 428/2022, il bollo riaddebitato al cliente costituisce infatti posta reddituale e così va esplicitato nella fattura elettronica indicando come codice Iva la specifica N2.2 e non la N1, riservata invece alle spese escluse, ex art. 15 del dpr 633/1972, dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto che non concorrono alla formazione del reddito poiché trattasi di spese anticipate in nome e per conto del cliente. Sebbene sia lecito per i forfettari non seguire le indicazioni dettate dall'amministrazione finanziare sulla gestione del bollo, tale scelta può rivelarsi più costosa in termini pratici rispetto alle imposte generate dalla tassazione dei 2 euro della “marca”. Il rischio principale, infatti, è quello di ricevere poi una contestazione da parte delle Entrate di un importo antieconomico da gestire in contenzioso. Nella pratica invece molte aziende vincolano i propri fornitori forfettari (e non solo) ad indicare il bollo in fattura quale componente da tassare per evitare anch'essi rilievi dell'amministrazione finanziaria per l'eventuale errata indicazione dell'ammontare dei compensi erogati nella certificazione unica (adempimento che dovrebbe essere poi abrogato per i forfettari a partire dall'anno d'imposta 2024) che, seguendo la linea del “bollo tassato”, è valore che deve comprendere anche i citati 2 euro se riaddebitati. Unica soluzione alternativa è quella, per i forfettari (e per i soggetti all'imposta di bollo), di caricarsi del costo dei 2 senza chiederli a rimborso ai propri clienti ed in questo caso l'importo ovviamente non assume valenza reddituale.
L'interpretazione dell'agenzia delle entrate
Con la risposta all'interpello n. 428 del 12 agosto 2022 l'agenzia delle entrate, in merito al quesito sollevato dal contribuente circa l'assoggettabilità o meno a tassazione, nell'ambito del regime forfettario, dell'imposta di bollo addebitata in fattura ai clienti, ha specificato che qualora vi sia il riaddebito al cliente dell'imposta di bollo, essendo il professionista soggetto passivo dell'imposta, questa fa parte integrante del suo compenso, con la conseguenza che il bollo risulta assimilato ai ricavi di cui all'articolo 1 comma 64 legge 190/2014 e concorre al calcolo volto alla determinazione forfettaria del reddito. A supporto della sua tesi, l'amministrazione citava quanto rilevato nella risposta delle Entrate 67/E/2020 ovvero che, sebbene l'articolo 22 del dpr 642/1972 stabilisca che il pagamento del debito relativo all'imposta di bollo sia solidale tra il soggetto emittente la fattura ed il committente, l'obbligo di apporre il contrassegno sulle fatture o sulle ricevute è a carico del soggetto che consegna o spedisce il documento, in quanto per tali tipo di atti l'imposta di bollo è dovuta fin dall'origine, ossia dal momento della formazione. Va ovviamente rilevato che, quanto esposto nei vari documenti dell'amministrazione, è unicamente una interpretazione ma in questo caso, dato il “valore della controversia” di 2 euro per documento, sia lato forfettari, sia lato “aziende clienti”, sebbene possa essere una indicazione non condivisa, l'allineamento come detto, è una scelta estremamente più conveniente rispetto ad un eventuale contenzioso. È opportuno ricordare che l'articolo 1 del dpr 642/1972 dispone che sono soggetti all'imposta di bollo gli atti, i documenti e i registri indicati nell'annessa tariffa. Il successivo articolo 13, comma 1, assoggetta fin dall'origine alla predetta imposta, tra gli altri documenti, anche le fatture, quando la somma indicata è superiore a 77,47 euro e non è soggetta ad Iva. Fonte: ItaliaOggi - Giuliano Mandolesi