Il Notariato propone di tassare al 26% il maggior valore derivante soltanto da alcuni interventi che coinvolgono direttamente l'immobile
Limitare la tassazione della plusvalenza Superbonus in base alla tipologia edilizia di lavoro realizzato e alla sua localizzazione. È questa, in sintesi, la proposta lanciata dal Consiglio Nazionale del Notariato con lo studio 15-2024/T.
L’idea è non colpire tutte le compravendite di immobili riqualificati con il Superbonus, avvenute dopo 5 o 10 anni dalla fine dei lavori, disinnescando di fatto gli effetti della plusvalenza Superbonus, introdotta dalla legge di Bilancio 2024 per evitare speculazioni.
Ma perché il Consiglio Nazionale del Notariato propone questa interpretazione? Alcune risposte possono arrivare analizzando i cambiamenti della normativa.
Come è cambiata la plusvalenza Superbonus
Fino al 2023, le spese “sostenute” per la realizzazione dei lavori agevolati con il Superbonus erano deducibili dalla plusvalenza tassabile.
La deducibilità delle spese per i lavori Superbonus dalla plusvalenza era stata ribadita nel 2021 dall’Agenzia delle Entrate. In quell’occasione, l’Agenzia aveva spiegato che le spese “sostenute” per i lavori Superbonus erano assimilabili ai costi inerenti al bene che, in base alla normativa fiscale, erano quindi deducibili dalla plusvalenza tassabile. L’Agenzia aveva infine aggiunto che non era rilevante la circostanza che il beneficiario del Superbonus, che poi avesse rivenduto l’immobile, avesse optato per lo sconto in fattura perché questa era una modalità alternativa alla fruizione diretta della detrazione.
La Legge di Bilancio per il 2024 ha cambiato prospettiva e previsto che le spese “sostenute” per i lavori agevolati col Superbonus, fruito sotto forma di sconto in fattura o cessione del credito, non sono più deducibili dalla plusvalenza, che viene tassata al 26%, se l’immobile è rivenduto entro 5 anni dalla fine dei lavori. Le spese sono dedotte per il 50% se l’immobile riqualificato è rivenduto entro 10 anni dalla fine dei lavori.
La ratio della nuova norma è non concedere più una doppia agevolazione: la realizzazione a costo zero di lavori che aumentano il valore dell’immobile e la vendita dell’immobile riqualificato senza il pagamento di una tassa sulla plusvalenza.
Il cambiamento delle regole in materia di plusvalenza fa parte della serie di vincoli al Superbonus introdotti dall’inizio dell’anno.
Plusvalenza Superbonus, i Notai propongono limiti meno rigidi
Lo studio del Consiglio Nazionale del Notariato propone di escludere dalla plusvalenza Superbonus:
i lavori sulle parti comuni
i lavori di manutenzione ordinaria e quelli qualificabili come edilizia libera
i lavori agevolati con un’aliquota inferiore al 110%
le vendite effettuate da chi non ha usufruito del Superbonus
Secondo lo studio, dovrebbero generare una plusvalenza Superbonus solo gli interventi che abbiano riguardato direttamente l’immobile, escludendo gli interventi sulle parti comuni dello stabile. Da questa interpretazione sembrerebbe che un lavoro sulle parti comuni non produca alcun effetto per il singolo appartamento.
Sempre secondo lo studio, sarebbero idonei a generare plusvalenza solo gli interventi edilizi trainanti e trainati di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia eseguiti sul singolo immobile. Dovrebbero invece essere esclusi gli interventi di manutenzione ordinaria o più in generale realizzabili in edilizia libera.
Lo studio apporta anche degli esempi degli interventi che non dovrebbero creare plusvalenza. Si tratta di riparazioni, sostituzioni delle finiture, integrazione degli impianti tecnologici, installazione di pompe di calore, eliminazione di piccole barriere architettoniche, sostituzione delle finestre e delle strutture accessorie, installazione di pannelli solari, sostituzione di impianti di climatizzazione invernale.
Degli interventi idonei a creare plusvalenza Superbonus, dovrebbero essere assoggettati alla tassazione solo quelli che hanno usufruito della detrazione al 110% e non gli altri, agevolato con l’aliquota al 90% o 70%.
Lo studio sottolinea anche il caso in cui i lavori agevolati con il Superbonus non sono stati realizzati dal proprietario, ma da un altro titolare di un diritto reale sull’immobile, come l’usufruttuario o il comodatario. Se il proprietario vendesse l’immobile, subirebbe una tassazione per lavori che non ha pagato e per i quali non ha usufruito di alcuna agevolazione.
Lo studio fa infine una considerazione in merito alla fine dei lavori: nel caso di un condominio molto grande, con più scale, non è facile determinare la fine dei lavori, che sarà diversa a seconda della zona dell’edificio. Un elemento che, secondo lo studio avallerebbe l’irrilevanza fiscale dei lavori su parti comuni.
Perchè i notai propongono limiti meno rigidi per la plusvalenza Superbonus?
Leggendo le proposte contenute nello studio pubblicato dal Consiglio Nazionale del Notariato sorge qualche dubbio.
Perché solo alcuni lavori, realizzati a spese dello Stato, dovrebbero essere dedotti dalla plusvalenza Superbonus? Un intervento effettuato sulle parti comuni di un condominio aumenta comunque il valore del singolo appartamento, ad esempio perchè acquisisce una migliore prestazione energetica. Lo stesso accade dopo un lavoro di edilizia libera. Una risposta potrebbe essere la volontà di non scoraggiare gli interventi di efficientamento energetico nei condomìni. Ricordiamo che il Superbonus nei condomìni è ancora in vigore per il 2024 e per il 2025 e se il titolo abilitativo è stato presentato entro il 16 febbraio 2023 è ancora possibile optare per lo sconto in fattura e la cessione del credito (condizioni che fanno diventare il lavoro idoneo a creare plusvalenza). Se i lavori non sono iniziati, o devono proseguire, l'idea di essere penalizzati sulla futura vendita dell'immobile riqualificato potrebbe indurre alcuni condòmini a non voler proseguire i lavori.
L'idea che solo gli interventi agevolati con il Superbonus 110% creino plusvalenza eviterebbe una doppia agevolazione a favore di chi ha realizzato i lavori senza sostenere alcuna spesa. Anche questa idea potrebbe voler sostenere gli interventi nei condomìni, sia quelli già effettuati, che hanno beneficiato del Superbonus al 90% nel 2023, sia quelli che nel 2024 e nel 2025 hanno diritto rispettivamente ad aliquote del 70% e 65%.
Sembra condivisibile l’idea di non penalizzare il venditore che non ha usufruito del Superbonus, ad esempio perché l’intervento agevolato è stato realizzato dal comodatario o dall’usufruttuario.
Ad ogni modo, quelle espresse nello studio del Notariato sono solo proposte che mirano alla correzione della normativa.
Fonte: Edilportale
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