Ingegneri, architetti, geometri e periti industriali. Anche i professionisti – oltre alle imprese e ai proprietari di case – fanno i conti con la fine del superbonus al 110 o al 90 per cento.
Quando il 31 dicembre scorso si è chiusa – senza proroghe – la possibilità di sfruttare l’agevolazione nelle sue versioni più ricche, per i tecnici è terminata una stagione d’oro. Certo, i condomìni e gli edifici di un unico proprietario fino a quattro unità, se non hanno finito i lavori di efficientamento o messa in sicurezza antisismica entro il 2023, avranno ancora il 70% quest’anno e il 65% nel 2025. Ma lo scenario è cambiato. La spesa del superbonus potrebbe arrivare a superare i 100 miliardi di euro in tre anni con la corsa finale alle ultime asseverazioni, in un mercato che ha generato oltre 400mila posti di lavoro in edilizia, compresi quelli nella progettazione. A cui bisogna aggiungere l’ulteriore spinta degli altri incentivi per il recupero edilizio (dal bonus ristrutturazioni del 50%, passando per l’ormai abolito bonus facciate del 90% fino ad arrivare al bonus barriere architettoniche del 75%, appena ristretto a scale, rampe e ascensori dal 2024). Quasi un architetto su due (il 41%), secondo un sondaggio del Consiglio nazionale, ha “intercettato” lavori legati al 110%, mentre tre su quattro (il 75%) ha lavorato con uno qualsiasi dei bonus edilizi.
La crescita dei redditi. I risultati di questo coinvolgimento sono evidenti anche dalle dichiarazioni reddituali. «Nel 2021 il monte redditi degli iscritti ha segnato una crescita eccezionale mai registrata in precedenza (+34,8%) – si legge nel bilancio previsionale 2024 di Inarcassa – dovuta quasi per intero alla crescita del reddito medio (+31,2%)». A far registrare il balzo maggiore secondo l’ente di previdenza di ingegneri e architetti sono stati proprio questi ultimi. Un incremento che Inarcassa non esita a definire «certamente effetto dei bonus e delle misure fin troppo premianti, ma anche della ripartenza del settore edile». Ancora meglio hanno fatto i periti industriali. La Cassa di categoria, l’Eppi, certifica un incremento medio dei redditi 2022 rispetto al 2020 del 61,4% e rispetto al solo 2021 del 26% che ha premiato in particolare le (poche) donne iscritte e i giovani under 35. Ottimistiche anche le previsioni dei geometri: per l’anno appena concluso la Cassa di categoria registra nel suo bilancio di previsione 2024 «un incremento dei redditi e del volume d’affari rispettivamente del 20% e del 14,4 per cento».
I timori. La lunga catena di segni «più» sui redditi dei tecnici rischia però di bloccarsi bruscamente, anche se gli effetti si vedranno con ogni probabilità più dal prossimo anno (visto che i redditi dichiarati nel 2024 sono quelli prodotti nel 2023). Secondo il presidente del Consiglio nazionale ingegneri, Domenico Perrini, la scelta del Governo di non concedere ulteriore tempo per completare i lavori al 110% a tutti i condomìni «avrà sicuramente un forte impatto sul lavoro dei nostri iscritti». Ma la preoccupazione maggiore è sugli incassi: «Il vero stop c’è già stato quando si è fermata la cessione dei crediti. Da allora tanti ingegneri non riescono più ad incassare i crediti acquisiti e quindi perdono introiti importanti». Nella stessa scia Paolo Bernasconi, presidente della Cassa dei periti industriali (Eppi): «Senza bonus prevedo una grossa crisi per tutto il settore edile che coinvolgerà anche i nostri iscritti, ad esempio quelli che si sono specializzati nella termotecnica».
Il futuro.
Esaurito il boom dei bonus, i professionisti guardano ad altri mercati e specializzazioni. Il più a portata di mano è sicuramente quello delle opere finanziate con i fondi del Pnrr. I primi segnali sono incoraggianti. L’Oice, l’associazione delle società di ingegneria, ha registrato nei primi sei mesi del 2023 una crescita dei bandi per i servizi di ingegneria e architettura del 2,1% in volume e del 48% in valore. E non a caso l’aumento ha riguardato in particolare i grandi bandi oltre i 200mila euro, che hanno rappresentato più della metà del totale di quel periodo e sono l’asse portante dei grandi progetti del Pnrr. «È un altro grande flusso di lavoro, quello del Pnrr, che si è già concretizzato – commenta Massimo Giuntoli consigliere del Consiglio nazionale architetti con delega per il lavoro – l’80% dei bandi del 2023 è stato in qualche modo collegato al Piano di ripresa e resilienza». Sul fronte degli incentivi, il Consiglio nazionale architetti chiede di passare dai bonus per singoli immobili a quelli per la rigenerazione urbana di intere aree. Sempre in chiave di efficientamento energetico un nuovo traino potrebbe arrivare secondo gli ingegneri dalla direttiva sulle case green «ma – avverte Perrini – occorre evitare gli errori del passato e programmare incentivi strutturali e regole stabili». E aggiunge: «Prospettive importanti sono attese anche dai lavori per la messa in sicurezza del territorio». Anche i periti industriali possono intercettare nuovi mercati: «È una categoria versatile – commenta Bernasconi – vedo nuovi spazi soprattutto per chi si specializza nell’impiantistica». Per gli architetti più che acquisire nuove competenze sarà importante strutturarsi: «È la lezione che ci stanno lasciando Superbonus e Pnrr – conclude Giglioli – dobbiamo digitalizzarci, aggregarci e puntare sulla multidisciplinarietà». Fonte: IlSole24Ore - Valeria Uva